“Essere discepoli di Gesù oggi significa aderire anche alla sua proposta di nonviolenza. Essa - come ha affermato il mio predecessore Benedetto XVI - «non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità. L’amore del nemico costituisce il nucleo della rivoluzione cristiana»”.
“La nonviolenza: stile di una politica per la pace” è il titolo del Messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale di preghiera per la pace del 1° gennaio 2017.
Si rivolge ai leader politici e religiosi in un “mondo frantumato” - scrive - nel quale “rispondere alla violenza con la violenza conduce a migrazioni forzate e a immani sofferenze”.
Ma parla anche a ciascuna persona di buona volontà che è chiamata a coltivare “la radice domestica della non violenza” nelle relazioni quotidiane.
Suor Leonella Sgorbati - la religiosa della Consolata, cresciuta sulle colline di Rezzanello, di cui è in corso il processo di beatificazione per il riconoscimento del martirio avvenuto dieci anni fa a Mogadiscio - è uno dei volti concreti di quella “nonviolenza cristiana” di cui papa Francesco scrive.
“Perdono, perdono, perdono” sono state le sue ultime parole. Come infermiera e ostetrica aveva aiutato a nascere generazioni di bambini in Somalia, mentre come formatrice aiutava i futuri infermieri a prendersi cura della vita nella sua forma più vulnerabile.
Vittima dell’odio estremista, ha dato la sua testimonianza quotidiana di donna innamorata di Cristo in un Paese a maggioranza musulmana, trovando la morte insieme alla guardia del corpo, un papà - anch’egli musulmano - che la accompagnava in ogni spostamento dall’ospedale alla vicina casa dove viveva con le consorelle.
Il Nuovo Giornale: Leggi l’articolo a pagina 8 dell’edizione di giovedì 29 dicembre 2016